Categorie

Mascherine monouso, sos smaltimento

Data di pubblicazione:
25 Aprile 2020

Condividi:

Indispensabili per limitare la diffusione del contagio, gli schermi protettivi in fibre di poliestere o polipropilene rischiano di diventare un problema per l’ambiente

L’emergenza legata al coronavirus sta impattando, ormai è cosa nota, in tutti i settori: non solo in ambito sanitario ed economico, ma anche sociale, educativo, tecnologico ed ecologico.

Ambiente, salute ed economia sono strettamente interconnessi in un unico ecosistema. Vi sono evidenze che il lockdown abbia contribuito a portare risvolti positivi sull’ambiente: con il blocco della circolazione e la riduzione delle emissioni, si registrano miglioramenti della qualità dell’acqua e dell’aria, tanto che in alcune città del mondo si è tornati a respirare aria pulita dopo decenni.

Che l’inquinamento atmosferico influisca sul sistema respiratorio rendendolo più esposto alle infezioni è un dato noto (si stanno sollevando ipotesi che questo possa valere anche per la trasmissione del Covid - vi sono alcuni studi in corso) e molti ambientalisti temono che, per favorire la ripresa dell’economia messa a dura prova, la salvaguardia dell’ecosistema naturale possa passare in secondo piano.

Il problema dei rifiuti inquinanti, prima tra tutti la plastica, causa principale dell’inquinamento dei mari, è molto sentito e stanno nascendo nuovi allarmi dalle associazioni ambientaliste.

Il motivo? Il covid-19, lo sappiamo bene, ha fatto crescere in maniera esponenziale l’utilizzo delle mascherine, la maggior parte delle quali monouso.

La Cina ne produce 200 milioni al giorno; gli Usa ne vogliono 3,5 miliardi. E anche in Italia si parla di milioni di mascherine per le quali - al momento - non esiste uno smaltimento speciale (l’Istituto Superiore della Sanità ha dato indicazioni di gettarle nell’indifferenziata).

Il pianeta si troverà pertanto ad affrontare un problema complesso: il loro smaltimento. La maggior parte delle mascherine sono infatti formate da due o tre strati di “tessuto non tessuto” (Tnt) costituito da fibre di poliestere o polipropilene, altamente inquinanti e non biodegradabili.

Problema che è già emerso in Asia, dove si trovano mascherine gettate ovunque, dalle strade alle aree verdi pubbliche e dove diverse associazioni, da Ocean Asia a 4Ocean, ne hanno recuperate centinaia lungo le spiagge. L’impatto sull’ambiente rischia di essere molto preoccupante, perché le microplastiche, se disperse in mare, sono pericolosissime non solo per la fauna marina, pesci e mammiferi, ma anche per l’uomo e per l’ecosistema.

Ma non solo mascherine. Approfittando delle regole igieniche sempre più scrupolose per contrastare la diffusione del coronavirus, l’industria della plastica sta portando avanti campagne contro l’uso dei sacchetti riutilizzabili affermando che possano contribuire a trasmettere il virus, e sta cercando di bloccare i disegni di legge per vietare l’uso dei sacchetti monouso. In opposizione con gli ambientalisti, che vedono nella diffusione dei sacchetti di plastica una grave minaccia inquinante.

Un tema complesso e delicato dunque, quello dell’ambiente, che sicuramente dovrà essere preso in considerazione con misure concrete per proteggere l’ecosistema e prevenire pesanti ricadute in termini di inquinamento.

CONDIVIDI QUESTA STORIA SUI TUOI CANALI: